domenica 16 marzo 2008

La casa come diritto di tutti

Arriviamo al candidato 'dissidente' dell'anno, la pecorella smarrita tornata sulla retta via: Pierferdy Casini.
Paladino della famiglia, della vita - senza esagerare, come ha teso a precisare prendendo le debite distanze dal paladino della vita ad oltranza Giuliano Ferrara - e della moralità, come da copione.
L'ex DC, forse a corto di idee fresche di giornata, riutilizza i cartelloni elettorali e gli slogan delle ultime politiche (vd. sotto) con l'unica variante del simbolo, non più targato UDC ma ''Unione di centro', neofederazione comprendente UDC e Rosa Bianca.




Come nel caso del suo attuale nemico politico, Berlusconi, nel nuovo simbolo elettorale il suo nome campeggia in alto e al centro, pur senza avere la prepotenza e la dirompenza ad effetto di un 'Berlusconi presidente' (vd post precedente).

Font all'insegna della chiarezza visiva e colori a forte contrasto, tanto per ribadire il netto distacco dalle alleanze passate, pur nella continuità con la propria tradizione politica e culturale.
Stretto legame con il cattolicesimo e le autorità ecclesiastiche - ribadito dalla croce rossa nello scudo al centro - spirito militante pur con un'apparenza moderata, speranza nel futuro: questi i messaggi multidirezionali di questo simbolo.

Fulminante lo slogan ufficiale della coalizione, 'Io c'entro', a ribadire l'efficacia comunicativa, soprattutto in politica, dei giochi di parole.


giovedì 28 febbraio 2008

Rialzati, Italia!

Da parte sua, Il Popolo della Libertà alias rifugiumpeccatorum tuona, esortando il paese a riscattarsi dalla scorsa legislatura 'comunista' e disastrosa per l'Italia.

Vota Berlusconi Popolo della Libertà

I caratteri scelti per l'esortazione 'Rialzati Italia' evocano quelli consueti della cartellonistica elettorale di Forza Italia ed evocano gli imperativi populisti e altisonanti del Duce prima maniera, nemmeno stessimo prendendo in esame la prima pagina dell'Avanti!.

Facile sembra, a questo punto, l'identificazione del target: fascistoide eppure moderato, liberale eppure irrigidito nelle proprie posizioni, ansioso di cambiamento eppure conservatore.
Il target controverso e quanto mai eterogeneo del nostro Cavaliere, perchè è a lui, in realtà, che ci stiamo riferendo.

Come osservato da molti esperti di marketing e comunicazione, malgrado la veemenza del messaggio, la campagna elettoral-pubblicitaria di Berlusconi risulta carente sotto molti punti di vista, primo fra tutti quello del messaggio: ci si limita a fomentare l'elettorato senza mettere in evidenza la peculiarità della nuova situazione politica del centrodestra, ovvero la coralità polifonica di voci diverse fra di loro riunite sotto un unico stemma politico.
Quella coralità tenuta insieme da un unico simbolo che ha spaccato il centrodestra - si consideri il 'divorzio' dell'UDC - ed è, in realtà, l'unica novità elettorale riscontrabile in quest'area politica.

C'è da aggiungere che la velleitaria coralità di voci, riassunta nell'uso del sostantivo 'popolo', è smentita graficamente dalla perfetta centralità del nome di Berlusconi all'interno del manifesto: è solo un caso o una precisa scelta?
Siamo proprio sicuri di trovarci di fronte ad un 'popolo'?
Tanto più che la 'vera destra' - Santanchè dixit - non si è sciolta nel Popolo delle Libertà, bensì ha deciso di correre da sola e di definirsi 'La Destra' per antonomasia.

Riuscirà Berlusconi nella difficile impresa di captare l'elettorato di estremissima destra che fa capo alla rifattissima Santanchè e al suo commilitone Storace?
Lo sapremo ad aprile.

martedì 26 febbraio 2008

Abbiamo tagliato il grasso alla politica. Ora tagliamo il marcio.

Così promette - e minaccia - la campagna dal forte sapore iconico e comunicativo dell'on. Antonio di Pietro, in corsa da solo con L'Italia dei Valori sebbene sostenitore nominale del PD (Partito Democratico, fondato da Walter Veltroni).


Emblematico è l'uso della bistecca, immagine che si carica di significati diversi eppure coincidenti: la bistecca è il taglio di carne che sempre più è un lusso per pochi, e in questo è rappresentativa della ristretta elite politica del nostro paese.
Il messaggio fondamentale è che la carne è necessaria, ma che il grasso (i privilegi, la dilapidazione del denaro pubblico) è da eliminare perchè nocivo per la politica stessa come per i cittadini, così il marcio (i condannati).
Ma la bistecca è anche un'immagine, mi si permetta il gioco di parole, cruda ed esplicita, ideale simbolo di chi non filosofeggia e opta per una comunicazione schietta col proprio elettorato, e in questo rappresentativa del piglio semplice e immediato del candidato in questione.

Come se non bastasse, evoca un'immagine casereccia, da mercato rionale, senz'altro più vicina al mondo della casalinga che a quello dell'industriale o del manager in carriera.

Ormai palese il target di riferimento di questa campagna elettorale e ideologica: è un target popolare, di persone dalla situazione economica modesta, che racchiude tutte quelle persone stanche di vedere sperperati per lussiprivilegipartitiepartitini il proprio denaro di contribuenti.
Insomma, la stragrande maggioranza degli abitanti di questo paese in evidente tracollo economico.

D'altra parte il messaggio è forte e coerente con la politica di trasparenza giudiziaria portata avanti da Di Pietro, in qualità di ex magistrato nonchè ex giustiziere di un'intera classe politica, svergognata nei primi anni '90 dalla sua inchiesta Mani Pulite.
Ricordiamo quanto sia fondamentale nella politica come nella libera impresa fidelizzare il proprio pubblico di riferimento e non deludere le sue aspettative: l'elettorato di Di Pietro si aspetta, e deve ricevere, un programma basato sui valori della giustizia, onde non perdere fede politica nell'operato del candidato.
Rimanendo coerente con la propria linea politica, Di Pietro buò ben sperare di conservare la propria forbice elettorale attirando dalla propria parte anche qualche deluso o indeciso proveniente da altri partiti.

La comunicazione risulta, nel complesso, molto ben riuscita e forte sull'impatto visivo come su quello ideologico.

(Di Pietro, lo ricordiamo, è un comunicatore efficace e un precursore dei tempi: è stato uno dei primi politici a tenere un blog, molto commentato fra l'altro, e il primo e unico politico a trasferirsi anche su Second Life)


Per approfondimenti sulla campagna di Di Pietro
Per approfondimenti sul programma elettorale

Campagna elettorale 2008 - Politiche

Ahinoi, caduto il governo, è tempo di voto.
E per i nostri polici e politicanti ci sono solo tre mesi scarsi di tempo per spingerci ad optare per il loro 'pacchetto politico'.
Perchè noi, in fondo, siamo i consumatori sempre più confusi, messi alle strette e inconsapevoli di una politica brandizzata, di partito, ma soprattutto di uomini.

Considerata la varietà dei messaggi pubblicitari inviati all'elettorato/target, sarà d'uopo analizzare le singole cartellonistiche che, da due settimane a questa parte, campeggiano in luoghi dove far cadere lo sguardo è d'obbligo: ai lati del marciapiede, alla fine di un incrocio stradale, sotto i nostri palazzi, davanti alle nostre università, accanto ai nostri uffici.

Procederemo analizzando uno ad uno i cartelloni, è il caso di dire, pubblicitari, le icone sfruttate e i messaggi lanciati da ciascun politico, individuando il preciso target di riferimento dello stesso e i vari significati collaterali dei quali quei manifesti si caricano.

Partiremo con l'efficacissimo slogan di Di Pietro, "Abbiamo tagliato il grasso alla politica".

martedì 15 gennaio 2008

Modelli controproducenti: una presa di coscienza

In principio fu Dove, con la sua Campagna per la bellezza autentica.
Regola numero uno: mostrare, anche e soprattutto nelle pubblicità di prodotti di bellezza, donne normali, con i loro inestetismi e senza il fotoritocco.
Anzi: usando un fotoritocco work-in-progress per mostrare quanto evanescenti siano i modelli di bellezza mostrati in pubblicità, e quanto la nostra percezione della bellezza sia distorta


Dopo un timido tentativo da parte della Garnier di usare ragazze acqua e sapone, mai troppo appariscenti ma sempre fisicamente ineccepibili, ecco che fa capolino la Nivea, a chiedersi, e a chiedere ai suoi telespettatori, cosa sia la bellezza.
Mostrando, nel suo ultimo spot, belle donne ma 'umane', rassicuranti, raggiungibili.

Che il mondo della pubblicità e del marketing abbia capito che il pubblico femminile non è invogliato a comprare prodotti sponsorizzati da marziane che di certo non devono la loro forma fisica all'uso di quel prodotto?

Certo, il caso L'Oreal fa riflettere.
Ricordate quando, tempo fa, nei loro spot pubblicitari quei furbastri dei loro pubblicitari avevano inserito quel fantastico slogan, quel 'Perchè io valgo' che fu subito odiato dalle donne di tutto il mondo tanto da costringere la casa cosmetica a tramutarlo in un più rassicurante 'Perchè voi valete'?

Quello fu un passo decisamente falso, soprattutto in termini di marketing.
Perchè, chiunque conosca le più elementari teorie di marketing, sa che un pubblicitario, e la stessa azienda, per poter progettare una qualsiasi strategia di promozione, devono avere presente innanzitutto il target di riferimento.
Che nel caso de L'Oreal è piuttosto popolare e ampio, trattandosi di un'azienda che produce cosmetici a buon mercato e universalmente diffusi.
Ciò significa che il suo 'pubblico potenziale' spazia dalle professioniste alle casalinghe, dalle modelle alle segretarie, dalle giovani alle mature.
E per un target così ampio è decisamente controproducente fare uso di uno slogan così smorfioso - che sembra sottointendere 'perchè io valgo e tu sei una nullità' - specialmente se esce dalle labbra di modelle come Milla Jovovich o di antipatiche wasp come Andie McDowell.

Hanno tentato di rimediare utilizzando come testimonial di prodotti antiage Jane Fonda e come testimonial di cosmetici Eva Longoria, divetta sull'uno e cinquanta, ma lo sforzo non è comparabile a quello dimostrato dalle aziende sopracitate.

L'Oreal ha difficoltà ad abbandonare la sua aspirazione ad essere la casa cosmetica delle dive, ruolo che spetta di diritto per fama e per anzianità alla storica Max Factor, in favore di un approccio più democratico, non solo sul piano economico.

Perchè se è sacrosanto restituire un'immagine di esclusività anche attraverso le fattezze di una splendida modella in caso di prodotti lussuosi e riservati a pochi - poichè ciò che si vende è anche l'immagine stessa dell'esclusività, anche nel senso estetico - è sbagliato applicare lo stesso teorema nel caso di un marchio nazionalpopolare.

Pubblicitari, tenete gli occhi bene aperti.